and just like that

Sex and The City torna nella veste di And Just Like That che, a giudicare dalle prime due puntate, è un pratico tutorial su come non realizzare un revival.

Le piattaforme streaming sono affamate di content per rimpolpare e rendere appetibili i propri cataloghi e il prodotto più prezioso, remunerativo e a costo zero a livello di impatto mediatico non è la serie originale, ma il revival: ovvero prendere una serie storica, possibilmente con diverse stagioni all’attivo, e richiamarla dall’oltretomba della serialità per farla tornare in vita radunando così vecchi fan, nostalgici, curiosi, con l’aggiunta delle nuove generazioni che danno una chance a qualsiasi cosa sia streamabile sullo smartphone e che abbia un hashtag in tendenza.

Come ogni serie di successo, con ancora un pubblico affezionato diviso tra chi grida allo scandalo e chi non vede l’ora di rituffarsi nella versione aggiornata dei tempi che furono – e disposto quindi a darsi battaglia via social generando buzz intorno al prodotto – ecco che il ritorno di Sex and the City era solo questione di tempo, soprattutto considerando l’esiguo numero di prodotti dei decenni passati con donne al centro della scena. Sex And the City, infatti, quale che sia l’opinione sulla serie, è stata innovativa nel mostrare come e quanto il sesso non sia territorio esclusivo maschile, in opposizione all'”amore” come regno del femminile. E soprattutto ha mostrato la coesione, il sostegno reciproco, e la capacità di sopportazione reciproca che quattro donne hanno avuto tra di loro: in fondo è l’amicizia tra Carrie, Samantha, Miranda e Charlotte il vero amore – benedetto da Oscar de la Renta – che resiste alla buona e alla cattiva sorte.

La serie aveva per altro già beneficiato di due code cinematografiche, con l’ultimo cortometraggio ad avere il merito di aver posto il tanto sospirato punto fermo: il matrimonio tra Carrie e il suo Mr Big. And Just Like That è quindi un ritorno che non deve disfare o sovrascrivere nulla – al contrario, per esempio, di Dexter New Blood – ma dimostrare di avere una storia spendibile nel 2021, quando quasi due decadi fa ha dettato e descritto mode influenzando la cultura pop. A giudicare dalle prime due puntate, non è questo il caso. Da qui in avanti SPOILER

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Il primo dato importante è che le quattro amiche sono tre. Kim Cattrall, la seducente e disinibita Samantha, negli ultimi dieci anni non ha mai nascosto di non aver un buon ricordo, a livello umano, della sua esperienza sul set della serie a causa di Sarah Jessica Parker che – a suo dire – l’avrebbe marginalizzata ed esclusa formando un gruppetto chiuso con le altre due co-star. Nel 2018 Cattrall ha perfino respinto le condoglianze per la morte del fratello offerte da Parker giudicandola ipocrita. Sarah Jessica Parker, al contrario, si è detta sorpresa dalle accuse mosse dalla ex collega, ma pronta a ricucire lo strappo. È evidente non sia andata così.

L’assenza di Samantha non subisce l’odioso trattamento della morte off screen, ma più che per rispetto nei confronti del personaggio, o per la remotissima eventualità che l’attrice torni sui suoi passi, semplicemente perché c’è un’altra morte a cui dare risalto e che deve avere tutta la scena per sé. Sto parlando della morte di Mr Big. Ma andiamo con ordine.

Carrie, Miranda e Charlotte hanno circa 55 anni e non fanno altro che ripeterlo come se per loro fosse una novità capitata sul momento. C’è un che di pirandelliano nel mondo in cui si comportano le protagoniste: per noi sono tornate sullo schermo dopo 17 anni, ma essendo una fiction va da sé che loro, nel mondo della finzione, abbiano continuato a vivere la loro esistenza quotidianamente. Le tre amiche, invece, sembrano essere quasi consapevoli di essere personaggi rimessi in scena dopo quasi due decenni, e si stupiscono di quanto sia cambiato il mondo come se non avessero vissuto questo cambiamento giorno dopo giorno.

L’assenza di Cattrall viene affrontata subito e in modo inelegante. Samantha a quanto pare è a Londra e Carrie spiega a Miranda – cioè a noi – che l’amica non le rivolge più la parola da quando lei ha rinunciato ai suoi servizi in qualità di pubblicista. Da allora a nulla sono valsi i suoi tentativi di cercare un dialogo e salvare l’amicizia. È evidente che la soluzione trovata, più che narrativa, è un modo per Parker di dire quello che pensa della situazione e sottolineare quanto e come da parte sua ci siano state disponibilità e maturità opposte alla chiusura di Cattrall. Nel corso della prima puntata è poi subito ovvio che la nuova new entry, Nicole Ari Parker, è destinata a riportare il numero del gruppetto di amiche a quattro.

and just like that kim cattrall

Sistemato l’elefante nella stanza, And Just Like That procede nel mostrarci a che punto sono nella vita le protagoniste e quanto, sostanzialmente, non siano cambiate, anche se cercano di essere al passo con i tempi con grande fatica, là dove venti anni fa erano loro a incarnare lo zeitgeist degli primi anni duemila. Il termine più ricorrente è, non a caso, woke. Carrie non solo deve aggiornare il medium d’elezione per il suo lavoro, e transitare dalla rubrica su carta a un podcast, ma anche il contenuto. La questione è quindi nel capire se la protagonista ha ancora qualcosa di interessante e perspicace da dire a un pubblico non bianco, non binario, non etero, non a caccia dell’uomo da sposare, a un pubblico del venti-ventuno e non più quello di fine millennio. La conduttrice del talk – comedian non binaria – le suggerisce senza troppi giri di parole: “Step your pussy up“.

Miranda è alle prese con l’attiva vita sessuale del figlio più un master universitario che evidenzia il salto generazionale tra i tiktokers e lei non abituata a chiedere i pronomi e continuamente spaventata dal non riuscire a portare avanti conversazioni che la qualifichino come un bravo ally. Di Charlotte c’è poco da dire, tranne che continua a essere la solita egoriferita: perfino di fronte al lutto dell’amica mette il proprio senso di colpa al primo posto della lista di cose di cui dolersi.

Mr Big dunque muore, e la sua dipartita viene fatta intuire praticamente da subito, dall’insistenza con cui ci viene detto che la sua sessione di cardiofitness è di fondamentale importanza, fin quando arriviamo al montaggio che alterna il saggio di pianoforte e l’uomo che si affanna sulla cyclette: praticamente si sentono le campane a morto. Cosa questo rappresenterà per le prossime puntate è difficile dirlo, sicuramente se la scrittura è quella dei primi due episodi, Carrie potrebbe tanto superare il lutto grazie a un massiccio acquisto di Manolo Blahnik, quanto struggersi in mille considerazioni di nessun interesse per noi che seguiamo. 

 



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Mara Ricci

Serie tv, Joss Whedon, Jane Austen, Sherlock Holmes, Carl Sagan, BBC: unite i puntini e avrete la mia bio. Autore e redattore per Serialmente, per tenermi in esercizio ho dedicato un blog a The Good Wife.

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